Embolizzazione Prostata

Embolizzazione dell’ipertrofia della prostata

Una volta individuata la patologia di base ed esclusa la presenza di una neoplasia maligna sarà poi il medico che ha in cura il paziente, generalmente l’urologo, a valutare il tipo di terapia più indicata per il paziente.

Quando si è affetti da IPB, Ipertrofia Prostatica Benigna, si ha un quadro clinico di ostruzione delle basse vie urinarie, ovvero il paziente riferisce nicturia (alzarsi di notte per urinare), mitto ipovalido, pollachiuria (urinare spesso), sensazione di incompleto svuotamento vescicale. Questi sintomi sono il campanello d’allarme dell’IPB, che se non trattata a lungo tempo, oltre che ad alterare in senso negativo la qualità della vita, può portare a ritenzione urinaria acuta e cronica, litiasi vescicale, infezioni delle vie urinarie.


Il primo trattamento che viene proposto al paziente e’ senza dubbio quello  farmacologico. Tutti i trattamenti farmacologici sono relativi ai sintomi propri della patologia ma sostanzialmente inefficaci nel trattamento della patologia alla base.
Nel trattamento farmacologico vengono principalmente utilizzati 3 classi di farmaci. Il farmaco più utilizzato appartiene alla classe degli alfa-litici. Il principio è quello di aumentare la forza contrattile della vescica e di rilassare il collo vescicale, e così facendo si verifica un aumento del flusso urinario con conseguente svuotamento vescicale. Effetti collaterali associati possono essere l’ipotensione ortostatica e l’eiaculazione retrograda dovuta al rilassamento del collo della vescica.

Altra classe sono gli inibitori delle 5 alfa reduttasi che possono essere utilizzati anche in associazione con gli alfa litici. Il principio è quello di diminuire i livelli di testosterone libero nel sangue. La diminuzione del testosterone libero comporta la conseguente riduzione del volume delle cellule prostatiche. Alla riduzione del volume consegue un abbassamento della pressione intraprostatica con progressivo miglioramento del flusso urinario. Gli effetti collaterali comportano principalmente calo della libido, astenia e non saltuariamente tensione mammaria.
Infine il Taladafil 5mg. è un inibitore delle 5 fostodiesterasi. Nasce come farmaco per il deficit erettile. Alcuni studi hanno dimostrato che una dose giornaliera a basso dosaggio può comportare un aumento della contrattilità delle fibre muscolari del complesso vescico prostatico, con conseguente miglioramento dei sintomi delle basse vie urinarie. Non sono stati riportati particolari effetti collaterali se non a volte un abbassamento della pressione arteriosa e cefalea.

Quando la terapia farmacologica non mostra più un’efficacia in grado di garantire una buona qualità di vita del paziente si va inevitabilmente incontro alla terapia chirurgica (prostatectomia). Questa comprende diverse soluzioni e tecniche da valutare a seconda dei desiderata e delle caratteristiche del paziente con lo specialista chirurgo.

Prima dell’avvento dell’embolizzazione la tecnica chirurgica meno invasiva o comunque più utilizzata era sicuramente l’endoscopia trans uretrale (che ancora ad oggi rimane il gold standard nel trattamento della iperplasia prostatica), tecnica eseguita allo scopo di rimuovere una parte o l’intera prostata (Fig 2b.) Questa tecnica, che prende il nome di TURP (Trans-Urethral Resection of the Prostate, resezione transuretrale della prostata) è un’operazione che tuttavia richiede una cateterizzazione dai 3 ai 5 giorni

 

Talvolta, quando non è possibile ricorrere alla TURP, è a volte necessario procedere con un’operazione di prostatectomia semplice: il chirurgo incide l’addome allo scopo di ottenere la completa rimozione dell’adenoma prostatico. Anche in questo caso purtroppo la cateterizzazione del paziente ha una durata pari ad almeno 4-5 giorni. Non ci soffermeremo più di tanto sulla TURP perche sebbene sia la tecnica in assoluto più utilizzata per il trattamento dell’iperplasia prostatica benigna, la sua invasività e sicuramente importante e nel tempo tecniche a minore invasività tenderanno progressivamente, come gia di fatto sta accadendo, a sostituirla. Nei pazienti che si sottopongono a Turp purtroppo l’eiaciulazione retrograda è quasi inevitabile mentre non sono infrequenti incontinenze vescicali e sanguinamenti post operatori. Il post operatorio non è di certo agevole e andrebbe ormai riservata a quei pazienti che non possono beneficiare di tecniche meno cruente e demolitive.

Fig. 2a. Set per TURP

Fig. 2b. Esecuzione di TURP

Esistono quindi ulteriori tecniche chirurgiche per il trattamento dell’adenoma prostatico sicuramente meno cruente ed invasive. La HoLEP (Holmer Laser Enucleation of Prostate, enucleazione prostatica tramite laser a Holmio) si esegue per via endoscopica (Fig 3) e può essere eseguito su pazienti di qualsiasi età con ostruzione urinaria dovuta ad un ingrossamento della prostata. È particolarmente indicato in quei pazienti con prostate di dimensioni molto aumentate ( dimensioni superiori a 60 ml) ma anche  nei soggetti in trattamento con farmaci che rendono il sangue più fluido (anticoagulanti). Si inserisce preventivamente una sonda laser per via transuretrale, per poi procedere ad un’incisione della ghiandola prostatica con conseguente enucleazione (o distacco) dell’adenoma prostatico dalla componente sana della ghiandola.

La procedura deve essere necessariamente eseguita in anestesia generale e comporta complicanze moderatamente ridotte verso la TURP visto che i sanguinamenti e le emorragie non sono infrequenti. La cateterizzazione in questi casi può durare di meno, generalmente in casi favorevoli anche due o tre giorni. Possono tuttavia verificarsi diverse complicanze e/o effetti collaterali, in particolare infezioni delle vie urinarie, incontinenza e soprattutto eiaculazione retrograda che avviene purtroppo in una considerevole percentuale di pazienti. In caso di Holep il paziente dovrebbe essere sempre informato che, sebbene questo intervento possa permettere di evitare la chirurgia a cielo aperto in prostate superiori a 100ml il post operatorio può essere impegnativo e con una cateterizzazione vescicale a volte anche prolungata.

Fig 3. Tecnica HoLEP

La TUIP (Trans-Urethral Incision of the Prostate, incisione transuretrale della prostata) è tecnica eseguita sempre mediante endoscopia ed è principalmente indicata per le prostate dal peso inferiore ai 30 grammi senza sviluppo del lobo medio. Ha quindi indicazioni abbastanza limitate perché possibile solo per prostate di dimensioni estremamente ridotte. Nel corso di questo intervento vengono praticate una o due incisioni della prostata senza effettuare una asportazione di tessuto. La cateterizzazione dura dai 2 ai 4 giorni e anche la degenza può a volte risultare più breve che negli altri tipi di trattamento chirurgici. Le complicanze sono meno comuni della TURP e molto spesso di minore durata: Può verificarsi una difficoltà ad urinare una volta rimosso il catetere ma soprattutto un difficile controllo sulla minzione, che può comportare perdite di urina o sgocciolamento post-minzionale nel periodo postl’intervento; il controllo della minzione di solito torna normale dopo alcune settimane. La Tulip può essere complicata da infezione delle vie urinarie. La percentuali dei pazienti che riportano eiaculazione retrograda permanente è sicuramente molto inferiore rispetto alla TURP ma anche nelle migliori casistiche non scende mai sotto il 20-25% dei pazienti. Pertanto in paziente giovane e desideroso di prole questa tecnica non scongiura totalmente la possibile perdita della capacita di procreare in modo naturale.
Nonostante sia più mininvasiva rispetto a tante altre procedure chirurgiche per la prostata e’ una procedura comunque richiede un’anestesia spinale o a volte anche un’anestesia generale

La TULIP (Trans-Urethral Laser Incision of the Prostathe, incisione prostatica transuretrale mediante laser) non implica l’incisione esterna della cute poiché lo strumento chirurgico è introdotto attraverso il pene e si effettua inserendo all’interno del canale uretrale della prostata una sonda che emana un raggio laser all’interno dell’Adenoma. Il raggio laser agisce andando a resecare la porzione di prostata ingrossata chein questo modo viene staccata dalla prostata normale per l’azione combinata della fibra laser e di uno strumento chiamato resettore; le porzioni di prostata enucleate vengono sospinte all’interno della vescica per poi essere “tritate” da uno strumento apposito, il morcellatore, che successivamente li aspira per poi eliminarli esternamente. Al termine dell’intervento viene applicato inevitabilmente un catetere vescicale. Lo scopo principale di questo intervento è ridurre i disturbi urinari dovuti all’ingrossamento prostatico, che conduce a problemi di svuotamento della vescica. Come già visto per la TUIP anche per la TULIP è necessario eseguire l’intervento in anestesia spinalo o in anestesia generale ed anche per questo intervento i tempi di cateterizzazione del paziente possono essere di almeno 4-5 giorni. Le complicanze sono sicuramente inferiori alla TURP ma possono comunque verificarsi infezioni urinarie, restringimento dell’uretra, sclerosi della vescica, ritenzione urinaria, emorragie.
Inoltre va ben specificato che per la TULIP ma anche per tutte le altre tecniche sovra-menzionate è richiesto un decorso post-intervento relativamente lungo, generalmente da 1 mese, nei casi più favorevoli, fino anche a 3 o più mesi.

Recentemente è stata proposta una nuova tecniche che prende il nome di Rezum. Utilizza i principi del trasferimento di calore convettivo e sfruttando le proprietà termodinamiche dell’acqua produce vapore acqueo fig 4). Questo, attraverso un ago inserito proprio all’interno della lesione da trattare, viene erogato all’interno dell’adenoma. Il vapore acqueo a questo punto si diffonde in tutto il tessuto target. In pratica, il meccanismo d’azione consiste nella condensazione del vapore acqueo che conduce alla necrosi cellulare istantanea delle cellule dell’adenoma preservando possibilmente le zone circostanti. Tuttavia, l’aumento della temperatura dovuta al vapore acqueo comporta inevitabilmente la formazione di un edema (gonfiore) del tessuto trattato ragion per cui, nei pazienti che si sottopongono a Rezum, è purtroppo necessario mantenere per qualche giorno un catetere vescicale, unico modo per consentire il drenaggio dell’urina dalla vescica. Il trattamento trova indicazione in pazienti con una prostata ingrossata fino agli 80 grammi mentre per dimensioni maggiori i casi devono necessariamente essere valutati singolarmente dallo specialista di riferimento. I fallimenti infatti generalmente aumentano progressivamente in relazione all’aumento delle dimensioni della prostata. Sebbene sia una delle procedure meno invasive a disposizione, sono stati riportati diversi effetti collaterali dopo questa procedura che necessita comunque sempre di un accesso diretto alla prostata mediante una puntura diretta con un ago della zona interessata. Possibili complicanze e/o effetti collaterali indesiderati possono comportare: disuria (o minzione dolorosa), la presenza di sangue nelle urine, emospermia ( o sangue nello sperma), una evidente diminuzione nel volume dell’eiaculato, un aumentata frequenza minzionale o anche la necessita di urinare con urgenza. In qualche caso, ma non frequentemente, è stata anche riportata eiaculazione retrograda irreversibile. Possono poi presentarsi infezioni delle basse vie urinaria e ritenzione acuta di urina. Molti di questi effetti fortunatamente spariscono nei giorni successivi nella maggioranza dei pazienti. Tuttavia il trattamento della prostata mediante sistema Rezum e’ per definizione parziale, in quanto solo una parte della prostata viene trattata. Questo predispone inevitabilmente il paziente a qualche fallimento o a possibili recidive di malattia nel tempo.

Fig 4) Apparecchiatura per vaporizzazione o REZUM

Di tutti i trattamenti finora elencati il Rezum è quello che più si avvicina per meccanismo d’azione all’embolizzazione della prostata che vedremo dettagliatamente nel prossimo paragrafo ( visita anche embolizzazione.it ). Tuttavia, quest’ultima risulta ancora meno invasiva, con minori effetti collaterali e soprattutto, a differenza di molte altre tecniche, consente di trattare la totalità della patologia prostatica e non solo una parte. In alcuni casi poi l’operatore può anche decidere di non introdurre alcun catetere vescicale prima dell’intervento ed inoltre il paziente molto spesso può anche essere dimesso dalla struttura ospedaliera nella stessa giornata e già senza alcun catetere in vescica.

L’embolizzazione, come vedremo più dettagliatamente nel prossimo paragrafo, è in grado di garantire al paziente indubbi vantaggi rispetto a molte altre tecniche per la prostata ma purtroppo ad utilizzarla non è lo specialista l’urologo ma esclusivamente una altra figura, in verità sempre più in espansione, ovvero il radiologo interventista (Radiologia interventistica: alternativa alla chirurgia tradizionale – DossierSalute.com) medico che utilizza apparecchiature radiologiche per eseguire diversi interventi mininvasivi e sempre più innovativi. Per tale motivo molti pazienti non arrivano mai a conoscere la possibilità di trattare la loro prostata con questo tipo di tecnologia. A volte, lo specialista urologo, non eseguendo l’embolizzazione, non informa adeguatamente il paziente della possibilità di sottoporsi a questa importante alternativa terapeutica.

E’ auspicabile nel prossimo futuro una sempre più stretta interazione fra queste due figure mediche nell’ottica di poter informare in maniera più esaustiva tutti quegli uomini che per caratteristiche, età e quadro clinico specifico potrebbero beneficiare dell’embolizzazione molto piu che delle altre tecniche attualmente utilizzate in campo urologico. Tecniche spesso, purtroppo, maggiormente rappresentate al paziente, anche quando gravate da possibili effetti collaterali e/o complicanze più frequenti e significative.

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